di Eugenio Alfano
L’eresia di Pasolini consiste in una continua interrogazione del dogma: un dogma economico o spirituale, confessionale, cioè storicamente determinato, con tutti i vizi che in Italia hanno segnato il condizionamento della libertà di pensiero e dunque della libertà esistenziale. Pasolini critica, appunto come un eretico, qualcosa in cui ha creduto e in cui non crede più:
Ho scelto poi come titolo del libro L’eresia di Pasolini, perché mi sembra che oggi il dogma economico e spirituale dell’umanità sia così devastante che porti così tanto male così tanta guerra, così tanta ingiustizia e anche menzogna, che questa figura dell’eresia ritorna una figura centrale.
Lei inserisce P. all’interno di un lungo filone definito “avanguardia della tradizione”, all’interno del quale P è solo uno degli ultimi. Cosa caratterizza questa linea poetica?
Leopardi ha agito all’interno di questa linea, ma sicuramente non è stato il primo. Il primo è Dante ma ce ne sono altri, come ad esempio Pascoli. Ma prendendo l’incrocio tra Dante Leopardi e Pasolini,questa continuità è dimostrabile con lo studio, con l’analisi testuale, con i rimandi continui, con i riferimenti che Pasolini stesso fa a Leopardi, soprattutto a quello de “La ginestra”, specialmente nel periodo giovanile in cui Leopardi è presentissimo anche come modello formale, soprattutto nelle poesie di “Roma
La morte di Pasolini è una morte tutt’ora oscura, ma che lei non ha esitato di rintracciarne i motivi nell’ultima fatica pasoliniana: Petrolio. Cosa si nasconde dietro questo romanzo “incompiuto”?
Dopo L’eresia di Pasolini scrissi, “Il petrolio delle stragi”, seconda parte, postilla de “L’eresia”, dove si parla soprattutto di “Petrolio”, di quello che dice: racconta cioè la strage di Stato e tutto il periodo delle stragi, dal delitto di Erico Mattei, precipitato con l’aereo nel ’62, al delitto di Pasolini stesso nel ’75. Seguo insomma le tracce del giudice Vincenzo Calia che ha depositato la fine della sua inchiesta, il quarto stralcio sul delitto Mattei, dicendo che è stato un attentato, avendolo anche dimostrato, ma che però ha dovuto archiviare perché in Italia vige il segreto di Stato. Il giudice collega il delitto Mattei, la scomparsa e quindi il delitto di Mauro De Mauro e il delitto di Pasolini, e cita Petrolio come fonte storica della sua inchiesta, dicendo che Pasolini ricopia almeno una trentina di pagine di un libro su Cefis, di uno pseudonimo tale Giorgio Steimetz, il quale sarebbe Corrado Ragazzino, che dirigeva l’agenzia AMI di Milano: l’altra faccia dell’onorato presidente Cefis. La vita di Cefis che Pasolini glossa e riscrive, è presa dal giudice in molte parti in cui dimostra per esempio, non so, che il piccolo servizio segreto privato di Cefis, cioè la società DAMA, rientra in Pasolini e diventa AMDA. Lui addirittura fa gli anagrammi e rovescia le sigle e anche da questo si può dedurre come il giudice avesse le fonti. Ma le fonti non si fermano qui, è questo che è inquietante. Cioè ha dimostrato il giudice che tra le carte di Pasolini, insieme a Petrolio, ci sono tre relazioni di Cefis con appunti scritti a matita non pronunciati nelle occasioni ufficiali nei quali sono stati fatti, e una parte del romanzo nella quale si parla proprio della storia dell’accumulazione del denaro al tempo della guerra (Cefis insieme a Mattei erano nella stessa divisione Partigiana Bianca repubblicana nella Val D'Ossola, mentre Pasolini poi l’ambienta in Brianza), e lì lui dimostra in qualche modo di sapere, ma questa parte di romanzo è sparita, ed è questo anche che io denuncio nel mio libro: Pasolini in alcune righe dice “rimando il lettore a quanto ho già detto su Bonocore (che poi è il nome di Mattei nel romanzo) e su Troya (Cefis nel romanzo)” e queste parti invece non ci sono. Rimando comunque il lettore al libro, all’interno del quale ho dimostrato che Pasolini stava addosso alla verità sulle stragi, al legame tra la politica e la guerra del petrolio italiano, tra petrolieri privati e petrolieri pubblici, quindi tra Cefis con
Quindi diciamo che ancora noi siamo con la menzogna su tutti gli anni ’70 e quindi Pasolini ci serve per chiedere la verità: devono togliere il segreto di Stato, perché gli italiani e soprattutto voi giovani, possiate sapere cosa è successo in Italia e avere un’idea della rovina di oggi. Questo momento che stiamo vivendo adesso di confusione politica grandissima deriva proprio dalla mancanza di verità in questo paese. Non c’è più un legame tra la politica e la cultura. Quindi l’anniversario della morte di Pasolini deve essere usato come denuncia di questo grande vuoto di verità che da quando la sua voce si è spenta in Italia è ancora più assordante.
Quindi Pasolini ci serve ancora molto perché la storia d’Italia non è compiuta, soprattutto non è svelata.
Pasolini e i giovani. L’occhio critico del poeta nei confronti dei giovani cambia radicalmente: si passa dai “ragazzi di vita” a quei “ragazzi che quando li incontri non sai mai se aspettarti un sorriso o una coltellata”. A cosa è dovuto questo cambiamento?
È dovuto a quella che Pasolini chiama, rispolverando Marx e
Quindi gli intellettuali, i giovani e gli studenti (per Pasolini gli studenti sono i giovani intellettuali) devono seguire questo impegno, anche se tutti dicono che l’impegno è una parola che non serve più. L’impegno di tutti i giorni, anche quando stiamo da soli, della verità. Quindi è chiaro che se vediamo una realtà italiana come questa dobbiamo cercare di usare questi strumenti pasoliniani, che sono poi Marx, Gramsci, tutta la linea della Sinistra migliore,
Nella sua ultima raccolta poetica “Trovatori” (edito Einaudi), in una poesia lei scrive: «Per lo più, sei così lontana dalla poesia,/che mi spaventa, cultura, la tua autìa,/la tua autosufficienza dal sentire…/e non tanto dalla poesia scritta,/ma da quella vissuta». Che ruolo dovrebbe avere per lei la poesia nella nostra società civile e politica?
La poesia dovrebbe avere un ruolo sentimentale, dovrebbe essere cioè l’educazione sentimentale degli italiani, che sono maleducati sentimentalmente, basta guardare il livello civile della discussione anche politica oggi a che livello è. Allora la poesia è una educazione sentimentale che fin dalle scuole elementari dovrebbe essere rafforzata, in tutti gli ordini e gradi delle scuole, fino ad arrivare alle superiori certamente, ma anche alle università: tutti dovrebbero conoscerla, studiarla e soprattutto dovrebbe essere insegnata come motivo di educazione sentimentale. Perché l’analfabetismo sentimentale e quindi la violenza da dove viene? Viene dal fatto che uno non scava dentro di sé, non conosce niente di se stesso e quindi giudica gli altri e il mondo sempre da fuori. Questo fatto della maleducazione di oggi è anche linguistica, ma soprattutto di sentimenti, di cuore: manca il cuore. E quando Pasolini dice “è cominciata l’era della fine della pietà”, l’era consumistica inaugura la fine dell’era della pietà, cioè vuol dire che la pietà che c’era prima, cioè la “pietas umanistica”, concetto secondo il quale l’uomo è più importante delle merci e di tutto il resto, si è persa. Si è persa perché nella cultura è passata l’idea che ciò che conta è il denaro e la merce e non è la persona. Infatti anche tutti i discorsi che si fanno sull’economia, sono discorsi dal punto di vista dell’economia e dal punto di vista della politica, ma non dal punto di vista umano.
Ha parlato di linguaggio, cosa pensa del “Vaffa-Day”?
Il turpiloquio, il Vaffa-day, può andar bene per 10 minuti, ma dopo stufa. A me stufa subito. Nel senso che, dopo tanti anni che l’unica parola che si trova per una protesta politica è quella, non vedo nessun progresso dal ’77, quando si sbagliarono gli slogan e addirittura vennero slogan di violenza e di morte. Ecco questo qui è uno slogan volgare e cretino secondo me, perché allora sarebbe meglio di dire invece di “vaffanculo” di trovare una parola giusta, di critica anche aspra, però giusta e che secondo me non è quella. Potrebbe anche essere il primo momento di urlo di protesta, ma non da uno che la teorizza e poi la spartisce agli altri. Ma soprattutto sono i contenuti di questo generico, diciamo, stato di polizia, perché ad esempio ci sono molte ambiguità sulla legalità: la legalità va bene, ma lo stato di polizia quando incominciano a parlare anche dei ROM che tocca farli fuori, allora no, anche Grillo mi pare. Si mescola oggi un qualunquismo degenerato perché è tutto saltato, non c’è più la cultura, soprattutto di sinistra, la cultura di sinistra ha abdicato totalmente e non c’è più una cultura in Italia in grado di combattere questa cultura devastante, fatta di qualunquismo, di parolacce, di generico protesta, mai di impegno magari determinato anche a fare qualcosa, non di dire sempre “no”, ma anche provare a costruire insieme qualcosa.
Senza una cultura politica, una pratica politica, non è possibile…su questo credo e insisto tanto. Oggi la pratica politica è debole ed è del tutto insufficiente perché la cultura politica è ristretta ed è di prosa, facciamoci entrare un po’ la poesia.
3 commenti:
Discutere con Gianni D'Elia di Pasolini, della sua poetica, del ruolo della poesia è bellissimo. Lui come sempre disponibile e umile...e poi è un poeta. Purtroppo tale figura (del poeta) non è presa in considerazione in Italia, non si sa o ci si dimentica di averli.
D'Elia è uno dei poeti più importanti di questi anni, continuando quella linea "incivile" tracciata da Pasolini.Basta leggere una poesia per innamorarsene
Ed è proprio così: il ruolo della poesia è incompreso, sottovalutato o snobbato.
Eppure, per usare le stesse parole di D'Elia:
"avessi dato ogni religione e ideologia per l'unica liberazione vera: la poesia umana, universale, non confessionale!
Sola ci potrà salvare un'eresia..ché da sempre comanda, politica, l'economia...."
GIAN LUIGI
Ho scelto come titolo della intervista "morte italiana"(titolo di un dipinto), perchè con la morte di Pasolini si è assistito alla morte della Giustizia, foriera di una decisione forfettaria e rapida; i partiti, la DC e il PCI (quest'ultimo per aver isolato Pasolini); i mass media che hanno infangato il nome e la figura del poeta; i "ragazzi di vita" e gli italiani in genere, esecutori i primi e giudici etici i secondi.
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