lunedì 18 giugno 2012

"Due" - Viaggio attraverso 13 tracce. del Collettivo Unincoerentecometanti


(Collettivo Un Incoerente Come Tanti: Monia B. Balsamello, Francesco Perrotta, Eugenio Alfano)

Si può raccontare un disco?
Provare con le parole dette ad anticipare o arricchire quelle cantate?
E si può fare della Memoria un percorso in tracce da leggere prima che ascoltare?
Ci proviamo. 
Fateci sapere cosa ne pensate. 

Cos'è "Due"? Un contenitore esplosivo e dinamico. Una miccia che accende la riflessione. Un'opera sonora collettiva, prima che individuale, prima che frutto esclusivo di chi l'ha pensata e creata. Perché attinge dalla Storia e la trasforma in quotidiano. Perché annienta le distanze tra speculazione filosofica e sperimentazione pratica. Il ricordo è radice che nutre i rami dell'albero futuro. Al grido di "La memoria è nostra madre / noi i giorni a venire". 
Per noi il rapporto tra arte e tempo, presente e passato, dato che il passato porta al presente, è legame vivo e creativo, dato che l'artista, vivendo sulla terra e non sulla luna, attinge alla viva materia della storia che lo circonda. Ma non si ferma all'istante puntuale: perché l'opera d'arte è fuori del suo tempo e di tutti i tempi. 

"Due" cerca di ripercorrere alcuni fatti, mai risolti, della storia d’Italia del secondo Novecento e riportarli alla memoria e, non a caso, una delle prime tracce è proprio Memoria.
E’ il singolo, ormai privo di qualsiasi valore al quale appigliarsi, solitario (“le insegne straniere a rassicurare // ma io non sono qui”, da Io non sono qui), che intraprende un viaggio a ritroso negli ultimi sessant’anni della nostra Italia. E’ il viaggio dell’uomo in solitudine, del marinaio che “cercava un faro tra onde di barriera” (da Ballata del marinaio), nei meandri più oscuri dell’Italia. E’ un disco notturno per l’ambientazione di quasi tutti i brani, ma anche per la sensazione che suscita, simile a quella di infilarsi sotto le coperte e, prima di chiudere gli occhi, aprire un libro e immergersi in lettura. 
Ecco, allora, i primi flash: 2 agosto 1981, Stazione di Bologna e una “sala d’aspetto /che aspetta e censura”. Atelier 80 è un grido di dolore per gli ottantacinque innocenti. E’ un grido di rabbia per l’attacco subito da Bologna e per essere stata, ormai, troppe volte “violentata / dai segreti di Stato e dalla falsa memoria” e “sequestrata / dalla cronaca nera, dalla storia fumosa”.
Si volta pagina: Seconda Guerra Mondiale. In 50 ore sono le donne italiane a gridare per le violenze subite dalle truppe alleate. Le chiamano “marocchinate” e sono descritte anche in La Ciociara di Alberto Moravia. Per le donne italiane e per i bambini, dopo il ventennio fascista, rappresentano, invece, “il premio finale / un rito di guerra / l’istinto bestiale /semplice danno collaterale”. E’ il “prezzo da pagare per la patria da liberare”.
Tra gli anni Sessanta e Settanta in Italia hanno cercato di uccidere l’economia, la cultura e la politica e, questo, nelle figure, rispettivamente di Enrico Mattei, Pier Paolo Pasolini e Aldo Moro. A questi ultimi sono dedicati due brani del disco, A.M. e Petrolio
Getsemani nasce, invece, dalla considerazione che, alla fine, le mani che piantano gli ulivi commemorativi per i magistrati e le altre vittime di mafia, come quello in Via de’ Georgofili a Firenze, sono le stesse “mani sporche” che piazzano le bombe. E’ la traduzione in musica di una bellissima espressione di Leonardo Sciascia all’interno de Il contesto: «Non è più il cercare l’ago nel pagliaio, ma il cercare nel pagliaio il
filo di paglia». Questo brano, nella scaletta chiude il disco, e lo chiude con il ripetersi, ossessivo, di due parole: cuore e storia. Il cuore è quello che Pasolini definiva “passione disinteressata”: nel guardare alla storia e ai fatti quotidiani bisogna avere, innanzitutto, passione, amore, e allo, stesso tempo, disinteresse, per poter analizzare ogni fenomeno con la giusta obiettività, senza influenza alcuna, con il giusto distacco.
Il “lettore”, il viaggiatore del nostro disco, nonostante la vista di questi episodi, decide di resistere. La regola muta è un affresco metafisico e complessivo della nostra società contemporanea, con immagini figurative (“cadono foglie malate d’autunno”, “radici ostinate come cemento”, “una folla di nuvole in lutto”, “la pioggia insiste sul vetro e graffia il silenzio nel buio”, “le antenne sul tetto”) che richiamano alla esistenza umana contemporanea. Quello che ne esce, però, è un filo di speranza (“un timido sole che vuole tornare”) e la voglia di restare (e viene urlata: “Io resto qui”) e di cercare di operare attivamente. Il “profumo di pane” è proprio l’immagine del fare umano, all’alba, per il giorno a venire.
Nel disco è nascosta, alla fine, la traccia Giotto. I lavori del disco, le registrazioni audio e video, sono state ultimate nel luglio 2011, a distanza di dieci anni esatti dai fatti di Genova. E’ il nostro modo di ricordare quell’episodio che, come ha denunciato Amnesty International, rappresenta “la più grave sospensione e violazione dei diritti umani in un paese occidentale dalla Seconda Guerra Mondiale ”.
Altre due note sul disco.
Nonostante vengano “cantati” episodi ben contestualizzati (il rapimento Moro, il G8, la strage di Capaci, il delitto Pasolini, la strage di Bologna, le “marocchinate”), il disco però sembra non avere tempo. E’ un disco che riporta alla luce fatti storici ma parla al futuro. Ogni singolo episodio può e si collega ad un fatto della nostra quotidianità. Gli stupri di guerra, subiti dalle donne italiane, sono ancora oggi armi da guerra in molti paesi africani. Il modo sbrigativo con cui è stato chiuso il delitto Pasolini, la giustizia che si fa complice dell’assassinio, è l’immagine attuale dei vari Cucchi o Aldrovandi. Dei familiari che aspettano giustizia. E poi Genova, in un paese occidentale privo del reato di tortura nel proprio codice penale.
Esiste, infine, uno stretto legame con la poesia, tant’è che durante i live le canzoni sono spesso alternate alla lettura di poesie. La Ballata del marinaio, per esempio nasce come poesia e poi messa in musica. Ne La regola muta sono inserite due citazioni, una di Umberto Saba (“detriti umani”) e l’altra della poetessa persiana Forugh Farrokhzad, morta misteriosamente a seguito di un incidente stradale (“una folla di nuvole in lutto”).
La figura di Pasolini e la sua poesia invadono, poi, tutto il disco. A Pasolini, infatti, è stato dedicato un nostro spettacolo, PETROLIO. Il dvd all’interno del cofanetto è proprio un estratto dello spettacolo che si apre con uno scritto del poeta Gianni D'Elia, “Pasolini. Ultima scena”. Petrolio, alterna, in una forma di teatro-canzone, i nostri brani con scritti di Pasolini, estrapolati dalle sue poesie, da interviste, saggi, romanzi, film.
Il tutto accompagnato e colorato da una pittura dal vivo, copertina dell’intero spettacolo. Il live painting infatti è la rappresentazione visiva ed estemporanea delle suggestioni che ogni live fa emergere sul palco e dentro gli animi degli ascoltatori. 

Da noi. Per voi.

Collettivo Un Incoerente Come Tanti

In anteprima si possono ascoltare alcuni brani dal seguente link: