domenica 26 aprile 2009

POESIA DEL QUOTIDIANO. Dipinti di Eugenio Alfano



Esposizione di alcuni dipinti al Bar Cardillac (Via degli Alfani, 57 r, FI) prevista per tutto il mese di maggio. Inaugurazione giorno 8 maggio alle ore 19.00.

Il titolo della esposizione, “POESIA DEL QUOTIDIANO. Dipinti di Eugenio Alfano”, richiama espressamente i due elementi presenti in tutte le opere: la poesia e i fatti quotidiani, «E quel che ha un nome vile/è un'assai gentil cosa/nelle mie stampe accolta» (L'incisore, da Preludio e canzonette, di U. Saba).

Un omaggio quindi alla poesia che si eleva a musa ispiratrice. La “trasposizione visiva” di alcune poesie del XX sec rappresenta uno spunto per poter parlare delle problematiche attuali dell'uomo e della realtà che lo circonda. Molti i poeti espressamente citati nelle didascalie, tra i quali Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba, Baudelaire, Pablo Neruda, Jorge Luis Borges. Soprattutto uno dei più importanti poeti italiani attuali, Gianni D'Elia, del quale sarà presente uno scritto inviato personalmente ad Eugenio Alfano, che ha ad oggetto l'analisi di un suo dipinto (“Finestra sulla realtà”).

I lavori coniugano un tratto pittorico preciso e dal sapore metafisico a temi concettuali legati alla realtà sociale e psicologica.
Il percorso tematico è preciso e parte proprio dalle problematiche dell'uomo, con il suo malessere, la sua “follia contemporanea” (M. Foucault), i suoi rapporti di coppia e sociali; per poi toccare problematiche più generali: l'inquinamento, le morti bianche, l'ingiustizia sociale, la corruzione e le contraddizioni del Sud e dell'Italia in generale, la parte di giustizia che lotta contro la mafia e quella malata e corrotta, la frenetica guerra al terrore.
Queste problematiche, aggiunte ad un senso di smarrimento per la perdita dei vecchi valori da una parte, e ad un senso di paura collettiva dall'altra («E’ un terrore cosmico, un’istantanea insicurezza, l’universo che crolla e si dissolve. E intanto, la terra risuona d’un sordo tuono, con una voce che nessuno le conosceva», da Confesso che ho vissuto, di P. Neruda), porta ad auspicare la nascita di nuovo umanesimo, di un nuovo uomo portatore di una nuova coscienza. Il tutto si chiude infatti con il dipinto “Rinascita”, che richiama i versi di Pablo Neruda: “e cortili dove c'è biancheria appesa a un filo:/mutande, asciugamani e camicie che piangono/lente lacrime sporche”. Rappresenta il lavarsi, il pulirsi da tutti i valori attuali, il fare “tabula rasa” degli attuali valori malati, dentro e intorno a sé, e fondare una nuova coscienza.